Giulio
Ferroni :"SCRITTURE A PERDERE, LA LETTERATURA NEGLI ANNI ZERO" Ed.
Laterza
L'autore,
storico e critico della letteratura, invitato al festival del libro di Torino,
vaga per gli stand, tra eventi affollati e libri "prolificanti,
ammonticchiati, sparpagliati, in ordine geometrico o rizomatico ". Altre
volte gli è capitato di provare quella
sensazione di stordimento, di allucinazione che lo afferra e gli fa venir
voglia di fuggire, ma la passione, la critica e altro ancora lo induce a
resistere e a porsi delle domande.
E appunto
da una serie di riflessioni sullo stato della letteratura che nasce questo
stimolante pamphlet, che non ha nulla di moralistico e di serioso ma, partendo
da un'accurata ricognizione della situazione complessiva, elabora una diagnosi
rigorosa e stabilisce punti fermi per una ripresa del discorso sulla cultura in
Italia.
"Scritture
a perdere", come i prodotti di un sistema produttivo dello spreco che
accumula rifiuti e "cimiteri di rottami...tanti libri, tante automobili,
tanto di tutto".
Nella
sera tiepida di maggio, Ferroni vaga per Torino e si imbatte nella saga
spettacolo Mediaset , il "saranno famosi" all'italiana condotto da
colei che è ormai la Sibilla per tanti
giovani a caccia di soldi e di successo nel mondo dello spettacolo,la scuola
dello scorrevole nulla.
"L'inflazione
della cultura finisce per convergere proprio con l'invasione delle forme
spettacolari più vuote, con ciò che allontana da ogni coscienza critica e riflessiva"
scrive
l'autore, che individua, certo, accanto ad una produzione di consumo un'altra
che resiste e fa i conti con l'esistente, ma non lo esime, nello stesso tempo,
dal sottolineare il cupido dissolvi di una letteratura che affonda nel magma
della comunicazione.
Di fronte
al quadro inquietante di una società in piena decadenza morale e
sociale, sporadiche e deboli sono le reazioni della cultura istituzionale, come
sostanzialmente assente appare una critica della cultura.
Molto
pochi sono quelli che cercano di interrogarsi sulla deriva in atto, in primo
luogo per la fagocitazione degli intellettuali nel circuito massmediatico e
presenzialistico: il mostrar si, l'esibizionismo toccano il loro parossismo nei
festival, nei premi, " a manifestare il senso della cultura come presenza,
transito orizzontale, proiezione di attualità
".
Gli
intellettuali, per Ferroni, sono impegnati per lo più a coltivare il proprio ambito di esperienza, a controllare
il territorio allo scopo primario di difesa dei propri spazi istituzionali.
La "
cura istituzionale del proprio latifondo" li rende complici del degrado
quotidiano:
la
cultura si trova così da essere parte integrante di
un mondo che, sostanzialmente, accetta anche quando si veste di panni in
apparenza anticonformisti.
Molto
gustosa, a riguardo, e' la parte dedicata a professori e professorini che,
catturati dalla macchina multimediale, predicano l'evanescenza del soggetto
ormai "mutante, cibernautico, postumano", libero da forme di
relazione e di linguaggio ottocentesche, da ogni sopravvivenza del logos.
Di
estremo interesse il capitolo sugli scrittori italiani maggiormente in voga,
tra i quali Paolo Giordano e Margaret Mazzantini, incoronati da premi e da aura
mediatica circonfusi:
"I
loro libri si dispongono in un orizzonte di spettacolo, fanno leva su elementi
di tipo esterno alla loro scrittura, offrono linee di attualità : indicano di per se', attraverso l'immagine e la presenza
dell'autore, quello che appare un modo di porsi "letterario"
perfettamente all'altezza della comunicazione corrente, con qualche leggera
"vena progressista" e con qualche asettico e ben protetto commercio
con il 'negativo'".
Dominante
appare, in questo panorama, la subalternità ai modelli proposti dai media
e ben poco spazio rimane per la critica,così
come la letteratura, ormai postuma, secondo la definizione di Ferroni, ma
proprio per questo tanto più necessaria, con una
"funzione di conoscenza critica, in un orizzonte di responsabilità e di interrogazione del destino della parola e del
mondo...".
A
proposito di quelle opere che assolvano tale funzione, Ferroni si sofferma su
uno dei libri fondamentali della critica novecentesca:
"MENSONGE
ROMANTIQUE ET VERITE' ROMANESQUE" di Rene' Girard.
Uno dei
cardini del l'analisi di Gerard e' il Flaubert de " l' EDUCAZIONE
SENTIMENTALE" romanzo che è una valutazione impietosa
" verso ogni pretesa di investimento di valore delle proiezioni del
sentimento, nel movimento della storia, verso ogni intenzione di costruzione
dell'io e della sua identità".
L'esempio
di Flaubert, e di altri: da Dostoevskij a Proust, da Tolstoj a Mann, da
Pirandello a Kafka, da Svevo a Joice, fa da controaltare al narcisismo,
all'esibizione di se' della scrittura odierna che nega la possibilità dell'esperienza per crogiolarsi nel sostanziale
disinteresse per il tutto.
Una
scrittura altra non può prescindere da una
prospettiva "negativa", sostiene Ferroni, dal legame con la grande
tradizione di negazione che ha caratterizzato la modernità letteraria e artistica.
"Ci
saranno nel nostro paese scrittori all'altezza di questa necessità ?", si chiede alla fine, non senza pessimismo, lo
studioso romano.
Certo,
come scrive Emanuele Trevi, esistono delle eccellenze, delle eccezioni, ma
bisogna ammettere che queste eccellenze non hanno eco nel mondo, " il
mondo, semmai, risuona di cazzate ".(1)
Per
concludere, si raccomanda caldamente la lettura di questo libro, in cui
risuona, e' il caso di dirlo,la passione culturale, si ribadisce con forza la
militanza critica per ogni intellettuale che voglia opporsi all'odierno
durftiger zeit, tempo della miseria, che rischia di disintegrare il nostro
presente e annullare il lascito positivo che il secolo del ferro e del fuoco,
il Novecento, ci ha consegnato tra le macerie.
MASSIMO
CAPICOTTO
(1)
Alias, 05/06/2010
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