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sabato 8 maggio 2021




 Lelio Basso: Il significato della Comune per noi oggi.

Per avere posto e affrontato, sia pure ancora in forma quasi embrionale, questi problemi, la Comune è, come ho detto in principio, una finestra aperta sul futuro, il punto d’incontro fra le vecchie rivoluzioni e le future rivoluzioni socialiste. Ma non solo per questo la Comune è ancor oggi importante, bensì, a mio parere, soprattutto per avere sia pure confusamente tentato la prima risposta a quello che sarà il modo di vita capitalistico, quello di cui l’umanità d’oggi soffre fino al parossismo.

Ho già ricordato che la Comune cade in un momento di transizione della società francese, nel momento di passaggio da una società prevalentemente rurale e artigianale a una società a predominanza industriale. Non si tratta soltanto di uno spostamento di lavoratori dalla bottega artigiana alla fabbrica, si tratta di un generale mutamento del modo di vita e dei rapporti umani. L’uomo unisce in se stesso un momento individuale e un momento sociale: ha certo bisogno di sentirsi se stesso, di riconoscere la propria personalità distinta ed autonoma, ma al tempo stesso ha bisogno di riconoscersi membro di un gruppo, di una collettività, di avere rapporti concreti, personali con altri esseri umani. La parola di cui è dotato non servirebbe a nulla se l’uomo non avesse intrinsecamente, come momento essenziale del suo essere, anche questo momento sociale, questo bisogno di comunicazione, di partecipazione a una vita collettiva. Nella società precapitalistica questi rapporti sono sempre rapporti personali: con la vasta cerchia dei membri della famiglia grande, con gli altri membri del villaggio per chi vive in campagna, o del quartiere per chi vive in città, con i compagni della bottega artigiana, ecc. Anche i rapporti fra il negoziante e il suo cliente sono rapporti di questa natura: rapporti fra persone che si conoscono, che non hanno, l’uno di fronte all’altro, un volto anonimo. In questo vecchio mondo la vita si svolge a livello umano.
L’avvento dell’industria moderna e dello stato moderno ha sconvolto questo vecchio mondo non solo sotto l’aspetto economico e politico, ma anche sotto l’aspetto dei rapporti umani. A poco a poco al vecchio tipo di rapporti fra gente che si conosce, che si frequenta perché si conosce, che non si limita a un contatto esterno e puramente formale, subentra il rapporto anonimo e impersonale del mercato, un processo analogo a quello descritto da Marx per cui al valore d’uso degli oggetti subentra il valore di scambio delle merci. Non più l’uomo ma il denaro è la misura di tutte le cose. In questo sistema di rapporti anonimi e reificati, il momento sociale dell’uomo si svuota di ogni contenuto autentico, l’uomo rimane un isolato, solitario anche in mezzo alla folla in cui vive immerso quotidianamente, secondo la definizione di Riesman. Si sente spesso ripetere che questa è una conseguenza non del capitalismo ma dello sviluppo industriale, indipendentemente dal tipo di rapporti sociali, ma credo che non sia esatto. Certo lo sviluppo tecnologico, l’avvento della grande industria, modifica gli antichi equilibri, ma se gli immensi mezzi di produzione fossero nelle mani della collettività e al servizio della collettività, anziché nelle mani di privati e comunque al servizio del profitto e del potere privati, certamente la collettività saprebbe trovare nuove forme di equilibrio, una nuova risposta ai suoi bisogni, dei modi di vita che, lungi dal distruggere i valori interiori dell’uomo, potrebbero al contrario esaltarli. Viceversa sviluppandosi secondo la logica capitalistica del profitto, lo sviluppo industriale ha ucciso l’equilibrio interno dell’uomo, così come del resto ha ucciso lo stesso equilibrio della natura. Quando si parla delle contraddizioni del capitalismo, si tende ancor oggi a porre l’accento sul rapporto fra il capitalista e l’operaio, dimenticando che il dramma più grave delle società capitalistiche contemporanee è proprio la distruzione dell’equilibrio interno umano e dell’equilibrio ecologico, del rapporto fra gli uomini e del rapporto con la natura, cioè del fondamento di tutta la prassi sociale.

Naturalmente tutto questo non era ancora visibile un secolo fa e sarebbe sciocco dire che la Comune ha avuto coscienza di questi problemi. Ma credo non sia fuor di luogo dire che la Comune è stata anche una ribellione alle prime manifestazioni di questa tendenza a distruggere il mondo dell’uomo, ad isolare l’uomo dalla società, a ridurlo a semplice strumento di un potere lontano ed estraneo. Appunto nel senso di questa ribellione vanno gli sforzi della Comune che ho prima ricordato, la ricerca di una democrazia di base, il desiderio di alimentare una nuova vita collettiva, di dare impulso alla partecipazione e di fornirle gli strumenti, lo sforzo di responsabilizzare gli uomini. È significativa per esempio a questo riguardo la decisione del direttore del museo di storia naturale di Parigi di affidare il rispetto del museo non a divieti e a sorveglianti ma all’onore del popolo di Parigi, che deve sentirsi padrone e destinatario dei tesori artistici e scientifici che sono custoditi nei musei e perciò investito della responsabilità di rispettarli e farli rispettare. Ed è non meno significativo il fatto che questo popolo di Parigi senta il suo onore talmente impegnato nel tentativo di rompere con il passato, che è il popolo stesso che lotta contro la corruzione precedente, lotta contro l’ubriachezza, contro la prostituzione, contro le forme degradanti di vita perché un popolo libero deve saper vivere con dignità e tutta la dignità e l’onore del popolo sono impegnati nella difesa collettiva di questi valori. Non so se riesco con questi esempi a render chiaro quale mi sembra essere l’alto insegnamento umano e morale della Comune, del popolo di una grande città che vuol prendere in mano i propri destini e si sente cosciente della responsabilità storica che in tal modo si assume, la responsabilità di elevare se stesso e la sua città.[35]

Se dovessi riassumere con una sola frase quello che io considero il significato più profondo della Comune direi che essa rappresenta le sforzo di ricreare una società a misura dell’uomo, di salvare i valori umani minacciati, di permettere a tutti gli esseri, uomini e donne, vecchi e bambini, di non ridursi a congegni anonimi manovrati da un potere kafkiano, ma di vivere una vita umana. È questa vita umana che il capitalismo, proprio a cagione delle sue contraddizioni interne, non poteva consentire, ed è in questo soprattutto, più che in una volontà cosciente o in un preciso programma, che sta il significato socialista della Comune, inteso il socialismo come esaltazione della personalità, come liberazione da ogni forma di oppressione, come capacità effettiva e concreta di autoamministrarsi. “Il popolo è stanco di salvatori; d’ora innanzi intende discuterne gli atti”, scrive il giornale “Proletarie” del 19 maggio, alla vigilia della caduta. In quest’ultima affermazione di democrazia, intesa nel senso che ho cercato di spiegare, cioè che gli uomini sono responsabili della propria salvezza, potrebbe racchiudersi il messaggio di civiltà che la Comune ci ha affidato. In questo senso essa rappresenta indubbiamente il primo serio, anche se non chiaro, tentativo di reagire alla disumanizzazione imposta dall’incipiente capitalismo, il primo tentativo di restituire l’uomo alla sua integralità minacciata dal nuovo Moloch. E la sua sconfitta potrebbe anche significare che l’uomo che non è capace di salvarsi da sé non merita di essere salvato, o, forse, è già perduto perché non può essere salvato da terzi. In ultima analisi questo bisogno di autonomia, di democrazia, di partecipazione, di responsabilità - che costituisce il più grande sforzo della Comune - postulava già il socialismo perché la società capitalistica è incompatibile con questi valori.


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