18 Ottobre 2018 - Quella volta che Marco Cavallo liberò tutti
L’archivio 68 , Basaglia e la lotta per liberare gli esclusi
Basaglia e la sua esperienza di lotta va senz’altro rivisitato sotto molti aspetti, non per farne un santino da collocare su qualche altare, ma per leggerlo ed interpretarlo criticamente con gli occhi del vissuto contemporaneo.
Legare il nome di Franco Basaglia alla legge 180 è in parte giusto( anche se non partecipò alla sua stesura) se lo si considera il risultato di un movimento di lotta, che partito da Gorizia nel 1961, è andato via via rafforzandosi e collegandosi con altre esperienze europee.
Un movimento che partendo dalla concretezza di chi operava negli Ospedali Psichiatrici riuscì a sollecitare il tessuto sociale alla problematica della segregazione istituzionale che riguardava essenzialmente poveri ed emarginati.
Il supporto tecnico di questa segregazione era costituito da una “falsa scienza” che aveva come unico fine la custodia delle persone con metodi aberranti, dove veniva considerato ottimale il risultato di annientare le individualità.
Gli Ospedali Psichiatrici, regalo dell’ideologia di Lombroso erano stati condivisi da politici amministratori, medici, giudici che si sono susseguiti nelle varie età: liberale, fascista e repubblicana .
Le carte e le riviste possedute dall’Archivio68 hanno stimolato l’idea di riproporre i temi di allora proiettandoli verso la situazione dei giorni nostri. Di qui l’iniziativa che si è svolta presso la Biblioteca delle Oblate il 18 ottobre.
Si è voluto legare la ricerca storica sugli avvenimenti pre-legge 180 per capire quanto sia stato dirompente e rivoluzionario aprire queste istituzioni totali che segregavano più di centomila persone ed al tempo stesso misurare già dopo la promulgazione della legge i tentativi di modifica del testo, gli ostacoli, questi sì riusciti, di ostacolare la costruzione sul territorio di quei supporti necessari e conseguenti alla riapertura dei manicomi, strumenti pubblici e sanitari che dovevano “seguire” gli ex pazienti, per non abbandonarli, come spesso è avvenuto, alle famiglie di origine.
Così l’intervento della dottoressa Delli Paoli ha inquadrato il regime legislativo repressivo della legge 36 del 1904, descrivendo le vicissitudini di una struttura manicomiale privata del Sud e le battaglie di uno dei tanti psichiatri che appartenevano alla schiera dei “riformatori basagliani”, Sergio Piro. E il prof. Tranchina ha ricordato la nascita di uno strumento fondamentale che ha svolto il ruolo di collante di varie realtà, una rivista di dibattito ma anche uno spazio di collegamento , edito dal Centro di Documentazione di Pistoia e da lui diretto insieme a Petrella.
La dottoressa Rogialli della direzione salute in carcere di Firenze e Cesare Bondioli del Centro Basaglia di Arezzo hanno contribuito a chiarire con i loro interventi quali vecchie e nuove difficoltà sono presenti nella gestione attuale degli strumenti territoriali, soprattutto dopo la chiusura degli OPG.
Il collettivo Antipsichiatrico “Antonin Artaud”, da tempo inserito nel circuito dei “telefoni viola”, riprendendo quanto era stato sottolineato dai precedenti interventi hanno riportato l’analisi nel concreto del vissuto dei disagiati.
Le letture di Gabriella Becherelli ci hanno fatto rivivere l’esperienza di Marco Cavallo, simbolo di libertà, che portò pazienti, infermieri e tecnici fuori dall’OP per testimoniare ai cittadini triestini l’esistenza nella città di una ignobile istituzione totale.
Due attrici di “Fram(m)enti di Luna Verde” hanno letto poesie tratte dallo spettacolo “ Passata la festa, gabbato lo Santo”.
Un bel pomeriggio, forse intenso ma veramente partecipato.
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