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giovedì 6 febbraio 2014

Le rivelazioni di Schiavone....e dintorni



Le dimensioni reali del problema
 Appena eliminato il segreto di stato sulle dichiarazioni rese da Schiavone alla Commissione parlamentare i media hanno subito cercato di anestetizzarle, ridimensionando la devastazione del territorio  all’area delle Terre dei fuochi (Casapesenna, Parete, Castel Volturno, Casal di Principe) e facendo sparire come a giudizio del camorrista pentito in realtà quest’area comprendesse metà dello stivale (dall’Abruzzo- Basso Lazio fino alla Sicilia), dove fino dagli anni ’70 Camorra, Sacra Corona Unita, Ndrangheta e Mafia erano impegnati nello sversamento condiviso dei rifiuti tossici.  Neppure il mare aveva potuto salvarsi e “una nave che trasportava rifiuti tossici e scorie nucleari era stata fatta affondare fra la Campania e la Calabria”.  Da solo il Casertano (riserva di caccia della cosca Schiavone) aveva assorbito  “milioni e milioni di tonnellate” di solventi e scarti di lavorazioni industriali provenienti da mezza Italia insieme ai fanghi nucleari tedeschi  e soltanto dalla sistematica distruzione dell’area di Casal di Principe negli anni 70-80  il gruppo ricavava entrate mensili di almeno due miliardi di lire. Sarà stato proprio l’eccesso di zelo che ha indotto  i comandi americani a raccomandare ai militari Usa di non utilizzare l’acqua della Campania  “neppure per lavare i denti”? Oppure avevano in mano dati sconosciuti alla popolazione della regione ?   

Panorama delle attività esercitate dal clan Schiavone
Ma la cosca Schiavone non si limitava alla devastazione del territorio. Aveva in mano il traffico di sigarette, di droga e di armi. “In Albania – dice Schiavone - comandavamo noi, non Hoxa… si pagavano 5000 lire a cassa (armi e sigarette), 15000 a cassa per la scorta di motovedette militari in acque internazionali, se si avvicinavano motovedette italiane”. Controllava Procal, un consorzio che monopolizzava la produzione e la vendita del calcestruzzo in tutta la Campania e alla cui presidenza aveva designato un ex-generale in pensione della Guardia di Finanza.  Il fiore all’occhiello erano però i lavori pubblici. A questo scopo il clan esercitava uno stretto controllo su tutti i 106 comuni della provincia di Caserta e sceglieva i sindaci “di qualunque colore essi fossero”.  L’accordo era “che i lavori fino a 100 milioni li gestivano i comuni, oltre i Consorzi controllati dal clan [In più ] c’era una tariffa del 5% sulle costruzioni e il 10% sulle strade, dove invece di 6 cm di asfalto ne venivano messi 3 cm”.

Cercasi colpevole
 Ristabilite le dimensioni del documento-Schiavone, si capisce perché la Commissione parlamentare avesse imposto il segreto di stato. Ufficialmente per evitare il panico e una altrettanto  paurosa crisi economica, ma a veder meglio per coprire il segreto più segreto. La malavita organizzata è soltanto il terminale di un lavoro sporco con ben altri mandanti e committenti e la Campania “felix” non è diventata “infelix” a causa della Camorra. Secondo Schiavone erano a Milano le “grosse società che raccoglievano (e smistavano) i rifiuti … e certamente se le istituzioni non avessero voluto l’esistenza dei clan, questo sistema non avrebbe potuto esistere”.  La devastazione del territorio e della pubblica salute parte dunque dalle esigenze dei gruppi industriali  di aggirare le normative in materia di scarti di lavorazioni più o meno tossici per abbassare i costi di produzione. Il meccanismo operativo comporta l’utilizzo di strutture influenti e coperte (Schiavone fa il nome di Gelli), poi ci vogliono i politici (la vicenda dell’Ilva di Taranto non è per niente casuale)  e infine la stretta collaborazione dell’apparato amministrativo (soltanto in quest’ultimo caso con rare quanto eroiche eccezioni). Il fiume di denaro che affianca il fiume dei rifiuti tossici non esclude piccoli riconoscimenti a livello locale e la creazione di una platea più o meno ampia di beneficiati: dagli occupati a vario titolo nell’opera di devastazione ai nuovi clienti della sanità pubblica o privata, dalle consorterie elettorali al sistema mediatico stipendiato dalla politica, senza trascurare gratifiche a gruppi e a circoli culturali. Tutti sapevano quasi tutto, ma nessuno ha parlato . Non hanno fiatato le strutture pubbliche all’uopo designate, le caserme dei carabinieri, il prete e neppure  il medico di base che pure registrava gli insoliti picchi di particolari patologie, a partire da quelle oncologiche.

La cura peggiore del male e qualche prospettiva
Per affrontare il problema adesso si ricorre agli stessi meccanismi rivelatisi inerti, quando non collusi nel disastro. C’è chi chiede l’invio dell’esercito, si parla di screning e di bonifiche (magari affidate ad imprese garantite da prestanome o da generali della finanza in pensione?). Non mancano retate di manovalanza camorrista associate a confische di beni, che comunque torneranno abbastanza presto nelle mani dei loro illegittimi proprietari, mentre si aspetta fiduciosi che la notizia faccia posto nelle cronache quotidiane a un ennesimo scandalo. Sebbene oscurato  dai media, il fatto nuovo in questa storia è stata però la contestazione del capo dello stato effettuata dalle mamme che mostravano le foto dei figli uccisi dai tumori. E’ forse il segno che la popolazione incomincia a non fidarsi più delle strutture istituzionali e vuol farsi carico della difesa del territorio e della salute con altri strumenti? E poi: ma davvero anche in altre parti dello stivale quello che  mangiamo, l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo è sotto controllo?  In più, allargando ancora l’orizzonte, pare che il CO2 cinese stia viaggiando verso l’America, ma è una certezza assoluta che la radioattività di Fukushima è già arrivata sulle coste degli States.

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