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domenica 24 marzo 2013

Giulio Ferroni e le macerie della letteratura






Giulio Ferroni :"SCRITTURE A PERDERE, LA LETTERATURA NEGLI ANNI ZERO" Ed. Laterza



L'autore, storico e critico della letteratura, invitato al festival del libro di Torino, vaga per gli stand, tra eventi affollati e libri "prolificanti, ammonticchiati, sparpagliati, in ordine geometrico o rizomatico ". Altre volte gli è capitato di provare quella sensazione di stordimento, di allucinazione che lo afferra e gli fa venir voglia di fuggire, ma la passione, la critica e altro ancora lo induce a resistere e a porsi delle domande.
E appunto da una serie di riflessioni sullo stato della letteratura che nasce questo stimolante pamphlet, che non ha nulla di moralistico e di serioso ma, partendo da un'accurata ricognizione della situazione complessiva, elabora una diagnosi rigorosa e stabilisce punti fermi per una ripresa del discorso sulla cultura in Italia.
"Scritture a perdere", come i prodotti di un sistema produttivo dello spreco che accumula rifiuti e "cimiteri di rottami...tanti libri, tante automobili, tanto di tutto".
Nella sera tiepida di maggio, Ferroni vaga per Torino e si imbatte nella saga spettacolo Mediaset , il "saranno famosi" all'italiana condotto da colei che è ormai la Sibilla per tanti giovani a caccia di soldi e di successo nel mondo dello spettacolo,la scuola dello scorrevole nulla.
"L'inflazione della cultura finisce per convergere proprio con l'invasione delle forme spettacolari più vuote, con ciò che allontana da ogni coscienza critica e riflessiva"
scrive l'autore, che individua, certo, accanto ad una produzione di consumo un'altra che resiste e fa i conti con l'esistente, ma non lo esime, nello stesso tempo, dal sottolineare il cupido dissolvi di una letteratura che affonda nel magma della comunicazione.
Di fronte al quadro inquietante di una società in piena decadenza morale e sociale, sporadiche e deboli sono le reazioni della cultura istituzionale, come sostanzialmente assente appare una critica della cultura.
Molto pochi sono quelli che cercano di interrogarsi sulla deriva in atto, in primo luogo per la fagocitazione degli intellettuali nel circuito massmediatico e presenzialistico: il mostrar si, l'esibizionismo toccano il loro parossismo nei festival, nei premi, " a manifestare il senso della cultura come presenza, transito orizzontale, proiezione di attualità ".
Gli intellettuali, per Ferroni, sono impegnati per lo più a coltivare il proprio ambito di esperienza, a controllare il territorio allo scopo primario di difesa dei propri spazi istituzionali.
La " cura istituzionale del proprio latifondo" li rende complici del degrado quotidiano:
la cultura si trova così da essere parte integrante di un mondo che, sostanzialmente, accetta anche quando si veste di panni in apparenza anticonformisti.
Molto gustosa, a riguardo, e' la parte dedicata a professori e professorini che, catturati dalla macchina multimediale, predicano l'evanescenza del soggetto ormai "mutante, cibernautico, postumano", libero da forme di relazione e di linguaggio ottocentesche, da ogni sopravvivenza del logos.
Di estremo interesse il capitolo sugli scrittori italiani maggiormente in voga, tra i quali Paolo Giordano e Margaret Mazzantini, incoronati da premi e da aura mediatica circonfusi:
"I loro libri si dispongono in un orizzonte di spettacolo, fanno leva su elementi di tipo esterno alla loro scrittura, offrono linee di attualità : indicano di per se', attraverso l'immagine e la presenza dell'autore, quello che appare un modo di porsi "letterario" perfettamente all'altezza della comunicazione corrente, con qualche leggera "vena progressista" e con qualche asettico e ben protetto commercio con il 'negativo'".

Dominante appare, in questo panorama, la subalternità ai modelli proposti dai media e ben poco spazio rimane per la critica,così come la letteratura, ormai postuma, secondo la definizione di Ferroni, ma proprio per questo tanto più necessaria, con una "funzione di conoscenza critica, in un orizzonte di responsabilità e di interrogazione del destino della parola e del mondo...".
A proposito di quelle opere che assolvano tale funzione, Ferroni si sofferma su uno dei libri fondamentali della critica novecentesca:
"MENSONGE ROMANTIQUE ET VERITE' ROMANESQUE" di Rene' Girard.
Uno dei cardini del l'analisi di Gerard e' il Flaubert de " l' EDUCAZIONE SENTIMENTALE" romanzo che è una valutazione impietosa " verso ogni pretesa di investimento di valore delle proiezioni del sentimento, nel movimento della storia, verso ogni intenzione di costruzione dell'io e della sua identità".
L'esempio di Flaubert, e di altri: da Dostoevskij a Proust, da Tolstoj a Mann, da Pirandello a Kafka, da Svevo a Joice, fa da controaltare al narcisismo, all'esibizione di se' della scrittura odierna che nega la possibilità dell'esperienza per crogiolarsi nel sostanziale disinteresse per il tutto.
Una scrittura altra non può prescindere da una prospettiva "negativa", sostiene Ferroni, dal legame con la grande tradizione di negazione che ha caratterizzato la modernità letteraria e artistica.
"Ci saranno nel nostro paese scrittori all'altezza di questa necessità ?", si chiede alla fine, non senza pessimismo, lo studioso romano.
Certo, come scrive Emanuele Trevi, esistono delle eccellenze, delle eccezioni, ma bisogna ammettere che queste eccellenze non hanno eco nel mondo, " il mondo, semmai,  risuona di cazzate ".(1)
Per concludere, si raccomanda caldamente la lettura di questo libro, in cui risuona, e' il caso di dirlo,la passione culturale, si ribadisce con forza la militanza critica per ogni intellettuale che voglia opporsi all'odierno durftiger zeit, tempo della miseria, che rischia di disintegrare il nostro presente e annullare il lascito positivo che il secolo del ferro e del fuoco, il Novecento, ci ha consegnato tra le macerie.

MASSIMO CAPICOTTO



(1) Alias, 05/06/2010


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